Movimento artistico culturale fondato dal prof.  Adolfo Giuliani

EVENTI  >> 21 giugno 2019 - Libreria Pironti Napoli.

L'ultimo libro di Adolfo Giuliani
'A jonta

editore Tullio Pironti,

Prefazione della prof,ssa Clementina Gily

Una parola che torna dall’infanzia nella Napoli di una volta, “‘A jonta”: era l’aggiunta del panettiere all’acquisto della ‘palata’, di peso irregolare, per ‘fare’ il peso giusto. E allora significava il piacere del bambino che lo riceveva in premio del suo silenzio, nelle peregrinazioni per la ‘spesa’ come si usava una volta.  Tutto un piccolo mondo antico torna alla memoria con una parola che non si usa più, tranne che in qualche detto popolare. Ma il senso che essa restituisce è la gioia dell’infanzia, il sorriso per salutare la vita che torna, anche se velata dai troppi medici da consultare di continuo. Adolfo Giuliani non è giovanissimo, ma descrive la mesta emozione che tocca oggi a tutti o quasi, giovani e no, nell’era della prevenzione obbligatoria. L’altalena risana, ma pure immalinconisce. Perciò è giusto cercare di trovare equilibrio ricordando nella jonta il sorriso dell’infanzia.

Non stupisce questa reazione forte, di ‘carattere’, che così bene rappresenta la dote che meglio distingue Giuliani, un artista che ha l’arte delle relazioni di comunità; grazie ad essa è riuscito nell’impresa di tenere insieme tanti artisti di Napoli, d’Italia e di oltre Italia, in un colloquio segnato dalle Mostre Internazionali per ben vent’anni. Il sodalizio è raro nell’arte, dove le più grandi come le più piccole riunioni sono minate dal genio ribelle che caratterizza anche il più piccolo dilettante d’arte. L’antico scugnizzo delle quattro giornate di Napoli invece ha l’anima del vero figlio di questa città, votata alla stima delle donne ed alla volontà di conciliazione delle Madri; che a volte anche esagerano. Perciò da buon figlio ha rimproverato senza smettere di amare e tenere in culto: quando ha coniato il termine ‘esasperatismo’. Che vuol dire: adattarsi sì, ma con giudizio; rinascere sì, ma resistere anche. Il Bidone arrugginito nasce a nuova vita per la sua volontà di vita ostinata, ricca d’idee.

La longevità del movimento si deve alla saggezza di caratterizzare il movimento non con uno stile ma con un simbolo, agendo più da gallerista che da artista. Nel simbolo è facile riconoscersi dalle più lontane sponde. Il Bidone rappresenta la nascita nella povertà, nella stalla della stretta strada napoletana intitolata a Salvator Rosa, la celebre ‘nfrascata dei guappi di una canzone, che portava su nel verde all’inizio della staggione, dov’era la casa natale del grande pittore. E ora una nuova stagione toccherà tra gli altri anche al primo, celebre, Bidone nero e rosso, vesuviano, con cui l’artista Giuliani inaugurò l’avventura: nel Museo Internazionale Europeo dell’Esasperatismo, che infine ha trovato luogo nello spazio una volta occupato dal tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi; in un frequentato, costituendo, Istituto di Cultura che accoglierà i giovani consentendo alle opere di partecipare attivamente ai loro studi. Una bella idea per una casa della cultura, Suor Orsola una volta era fatta così, non a caso l’aveva trasformata Croce in istituto di formazione.

Peccato che Napoli, pure così ricca di spazi, esiti a creare alternative d’arte alle Istituzioni secolari che troppo spesso ospitano stranieri che assumono stranieri, e le loro mostre: essere capitale d’arte anche grazie ad altre istituzioni private, come a Parigi e ovunque, consentirebbe di fare spazio alle tante voci e forze della città. Tante collezioni emerite sono state formate e poi esportate in luoghi meno chiusi, non legati alla politica in tutte le sue forme; la città seguita a dare sempre troppo spazio alle sempre nuove lotte dei baroni, la vera spina nel fianco della città. Comunque, meglio per i piccoli paesi e per i collezionisti, che grazie a questa autolesionistica politica napoletana creano circuiti turistici di nicchia, ma che riescono ad attivare indotti importanti per i territori, fanno decrescere la disoccupazione. Napoli non perde mai il piglio di capitale che tratta con l’estero e non bada alle sue ricchezze: e così se ne lascia espropriare, come sempre.

Adolfo Giuliani ama Napoli, e lo dimostrano in modo nuovo le sue opere recenti, Il Trebbetoed ora La Jonta, nonchél’intervista su YouTube (oscom.unina) dove racconta la sua infanzia sotto i bombardamenti e fatti del suo vivere poi, nella Napoli di sempre. In queste scritture l’amore che creò i collegamenti d’arte in città, si fa anima della memoria, in racconti e poesie in piccola parte di prima, per lo più di oggi, creando le melodie adatte ai nuovi simboli che ha creato, in questa città così simbolica da intitolare al Nilo una statua antica.

Come il Bidone, così il Trebbeto e la Jonta, parlano con voce diversa, simboli e parole, della Napoli cumm’era, che se si sa vedere è anche la Napulecumm’è. Allaggente (come diceva Tina Pica) che riesce a sperimentare la povertà estrema senza perdere la resistenza spirituale: Filomena Marturano è il simbolo dell’estrema povertà che sa farsi riscossa morale. Lo scugnizzo Adolfo che restò chiuso sotto un palazzo caduto, nel bombardamento, che assisté alla morte del giovane marinaio sulle scale dell’Università… sapeva intanto accumulare ricordi pieni di sapore, nella famiglia che aveva nel Trebbeto un focolare portatile sempre a disposizione di tutti, pronto alla solidarietà ed alla comunanza. Quanto di questo rimane ora alla città che ha mandato all’estero i figli capaci di ricchezza ed è perciò messa in scacco da piccole truppe di malavitosi che la vittimizzano; come fanno i veri violenti: dicendo cioè che è colpa di Napoli l’essere vittima di Gomorra? Pochi cittadini guadagnano la celebrità, buttando fango sugli onesti: senza uomini come Giuliani, in cui tanti altri si riconoscono e tirano il fiato per portare avanti la fiaccola, dove saremmo finiti?

La vecchia divisione tra nobili e plebe, rimasta, forse all’incontrario, ridicolizza chi ha buoni sentimenti a vantaggio dei prepotenti. Ci salva il riconoscersi nelle visioni della sacralità della Bellezza, e vivere l’Esasperatismo nella consapevolezza che di rado agli onesti tocca sorte migliore della buona coscienza. Donare questa voce all’Enciclopedia Treccani, è perciò stato il suo contributo di napoletanità, di uomo di pensiero oltre che artista: il termine dice bene quell’essere indignati e composti, nonostante i lazzi di Pulcinella; avere un buon rapporto con la morte, sconfiggendola con la speranza. Quel che bene si riflette nelle ‘capuzzelle’, dai nostri cimiteri poverelli ai fasti di Rebecca Horn. Sconfiggere la morte ignorandola, smettendo di averne paura, come dice Giuliani, è quel che consente alla gente di Napoli di continuare nel fascino della città mai eterna e sempre presente. Ed è forse il giusto modo di reagire alla campagna elettorale permanente, bisognerebbe fare un amuleto anche contro di essa, basta coi corni – un po’ di fantasia… e forse il bidone è già l’amuleto utile a ricordare che poi quel che conta è l’anima.

La ‘Jonta’ ora, dopo il Trebbeto, è un po’ più esasperata: una temperie politica sconcertante occupa la parte narrativa con pagine che si possono riassumere nel titolo breve, “Come siamo ridotti”; il motivo, sempre in breve, si coglie nel titolo “Comici al potere”. Privi di ogni prosopopea, ma non di arroganza, echeggiano sempre più da vicino quell’Italia barbara che non si voleva riconoscere esistente, che gli ultimi trent’anni hanno portato allo scoperto. Finito il perbenismo di destra e sinistra, politici sempre più scollacciati ormai echeggiano l’ordine con parole di lotta di cui si spera, per lo più, di ignorare la chiara violenza d’intenti. Come negli anni ’20.

Ma basta: le poesie di giuliani, la gran parte del volume, già vanno a ritrovare nella musicalità del dialetto la Napoli che tanti sanno sentire nel canto partenopeo, nella malia delle sere, nelle chiacchiere di attesa di insospettabili filosofi, nel cantante alla finestra della Pietrasanta, nello splendore della marina che resiste a tutte le angolature. Anche soffrendo per il mancato riconoscimento, Napoli è sempre Napoli.

Adolfo Giuliani si dimostra suo cantore sincero e conclude come si deve con ricette e idee per la pizza del duemila. È la melodia de La Jonta, che come le canzoni appassionate lascia la bocca buona, più che nostalgica, propensa al futuro della memoria, per sostenere la gioiosa ripresa del turismo, che nell’anima di Napoli trova il suo maggiore fascino – Bellavista/De Crescenzo bene ricordava l’ epicureismo alto di questa napoletanità virgiliana, cosciente della bellezza della vita nella sua piena semplicità… Jesce sole, si cantava nelle vie… un canto antico, che bisogna ricordare ai giovani, che frequentano più i media che le strade.

Orientarsi nel labirinto, oggi come ieri è fissare i punti cardinali per disegnare le strade. Adolfo Giuliani, Artista dell’Arte di Ragionare, il nome dei laboratori OSCOM d’arte e formazione, sa fissare dei simboli. È maestro di arte e formazione perché le triennali internazionali, con la loro ciclicità, sono state un invito costante agli artisti a riflettere ed a relazionarsi. Questo vuol dire il simbolo Bidone: le opere furono prima dipinte su di un bidone; poi, ebbero un bidone nel testo; infine, dissero la loro appartenenza rispettando le misure del Bidone: 55x85. Quel che conta, quindi, è l’anima del quadro, il messaggio che sa trasmettere, coi colori e con lo stile preferito. Un’arte non decorativa, quindi, né esibizionista. Il bidone è uno spazio chiuso che nasca dall’aperto e dà sull’aperto, un Graal più che un vuoto. Vale per quel che contiene. China sul suo intimo nella ricerca di ogni artista, anche dilettante, sa dar vita ad una immagine che rechi il segno di quel che conta. Nel segno di un corpo, dar fiato alla creatività di una tecnica è sempre un riuso di materia che configura un nesso. È questo il verso, sacro, senso dell’arte, ma anche del pensare; il mondo si vive gustando con pieno animo ed anima le percezioni, comprendendone sempre meglio l’arcano.

 

autore del sito è Nunzio Capece